Agli europei  serve un “progetto Traiano” e non il corteggiamento ad Adriano

 

Di Carlo Pelanda (11-11-2008)

 

 

I linguaggi politici di grande visione sono efficaci perché inducono un effetto fiducia nelle masse, utilissimi nelle crisi. La gente teme che il domani sarà peggio dell’oggi, ma si rassicura sentendo soluzioni profetiche, irrilevante il realismo. Tuttavia si sta esagerando nei toni apocalittici, per esempio “rifondare il capitalismo” (Sarkozy). O apologetici, per esempio Obama come Adriano, rischiando la sfortuna in quanto il secondo impose confini all’Impero, innescandone così la decadenza, mentre il suo predecessore Traiano comprese la necessità di tenerlo in espansione, morendo in azione, pur anziano, nel 117. Il fraseggio “la crisi è globale e richiede una soluzione che lo sia altrettanto” è condivisibile. Ma induce ad immaginare che sia possibile una soluzione via accordo tra tutti. In realtà non lo è ed i governi lo sanno. Cosa sta succedendo? Perché gli europei invocano soluzioni straordinarie con linguaggi irrituali e strani? Proviamo a scoprirlo.     

 Due megarischi. La recessione rischia di far fallire tante aziende creando disoccupazione e nuova crisi bancaria. In America le imprese possono ridurre i costi velocemente via flessibilità ed il loro indebitamento non supera, per lo più, il patrimonio. In Europa è l’esatto contrario e ciò fa temere tanti fallimenti. L’eurozona potrebbe implodere e diventare fonte di contagio globale. Per evitarlo bisogna tagliare tasse e tassi “ieri” e organizzare enormi ricapitalizzazioni d’emergenza. Ma l’Europa è rigida, la Bce irrealistica, la Germania ciecamente ostile a pagare i costi degli altri. Per questo, in panico, gli europei invocano soluzioni globali. Non hanno soldi sufficienti né il consenso per ricavarli da riforme di efficienza dei loro modelli né spazio di deficit né unità tra loro. L’altro megarischio riguarda l’implosione dell’Asia, sovradattata all’export e colpita dal calo della domanda globale. L’unica cura è quella di pompare investimenti verso la Cina, stimolando a volano l’ingaggio delle sue riserve monetarie, per riflazionarne il mercato interno. Ma chi metterà il capitale necessario sia per l’Asia sia per l’eurozona? Sarà sempre la povera America. Ma potrà salvare, forse, o l’Asia o l’Europa e non tutte e due. Obama dovrà privilegiare l’Asia detentrice del debito statunitense. Per questo gli europei lo corteggiano. Ma sarà inutile. Pertanto è meglio tentare un’altra strategia: (a) creare un governo economico ed un Fondo paneuropei, ricattando di brutto la Germania affinché lo accetti; (b) poi offrire, forzando, all’America un’alleanza eurodollaro; (c) e poi insieme salvare la Cina, condizionandola. Traiano, appunto.     

Carlo Pelanda